Il Drago è una delle mie creature fantastiche preferite !?!!
FantaBestiario. Le creature dell'immaginario fantastico: Il Drago
Dopo la lunga pausa estiva, ritorniamo con una nuova rubrica che guarda
al passato nel tentativo di farlo dialogare con il presente della
nostra letteratura fantasy e fantastica. Stavolta, a partire da un’idea
di Alessandro Iascy, abbiamo pensato di trattare la storia mitologica e
letteraria delle creature fantastiche che popolano racconti, romanzi e
folklore dall’antichità a oggi. Come sempre non procederemo in modo
sistematico o troppo rigoroso, ma avanzeremo nella selva di suggestioni e
immagini dei bestiari fantastici, lasciandoci trasportare dalla nostra
voglia di scoprire e incuriosire. Cercheremo così di accompagnarvi, a
ogni appuntamento, in un universo antico e sfuggente, dal quale cogliere
curiosità, aneddoti, rappresentazioni e leggende.
Apriamo
la nostra rubrica con la creatura dell’immaginario fantasy per
antonomasia: il Drago. Come ricorderete, abbiamo già avuto modo di
parlare di alcune caratteristiche di questo animale fantastico in un
articolo dell’anno scorso (Il Drago, l’Orco e il Balrog: creature della contaminazione). Partiamo dunque da quel primo approccio.
Per
scoprire la natura di un essere, è importante domandarsi il significato
del suo nome. Ebbene, il termine drago deriva dal greco antico drakon e si basa sulla radice di un verbo, derkomai,
che significa “avere un determinato sguardo”. Noto anche agli Egizi e
agli altri popoli medio-orientali, il suo nome in italiano deriva dal
quello che i Greci, e i Romani dopo di loro, hanno veicolato fino a noi.
Il drago, nell’immaginario ellenico, indica una creatura che ha uno
sguardo particolare, capace di colpire profondamente colui che ne è
oggetto; uno sguardo calamitante e pietrificante, che gli è valso anche
il soprannome di “veggente”. Ma in primo luogo per gli antichi Greci il drakon
era un serpente: qualsiasi rettile, non necessariamente mostruoso e di
certo reale poteva essere individuato da questo nome. Il mito, però,
serba memoria di alcuni “draghi” mostruosi, esseri marini, dapprincipio,
enormi serpenti d’acqua capaci di stritolare arcuando le loro viscide
volute. E quello che accade nel mito di Laocoonte, durante l’assedio di
Troia. Il sacerdote in questione si oppone alla decisione degli altri
Troiani di accogliere in città il cavallo di legno, nel cui ventre si
nascondono i nemici. Ma ecco che, dal mare, emergono due mostruosi
serpenti che si dirigono minacciosi verso Laocoonte e i suoi figli.
Virgilio nell’Eneide (Libro II, 210 ss.) li descrive come enormi e
viscidi, con occhi ardenti iniettati di sangue e di fuoco, e spirali
che secernono sangue corrotto e nero veleno.
Siamo
ancora lontani dalla descrizione dei draghi terrestri o celesti,
tuttavia l’elemento del fuoco e del veleno sembra essere un tratto
ricorrente di queste creature.
Col tempo esso
acquisisce una fisionomia ben precisa e “ibrida”: metà rettile metà
uccello, provvisto di grandi e nerborute ali e di possenti artigli.
Spesso pluricefalo, cioè a più teste, come il drago azzurro inciso nello
scudo di Achille (Iliade XI) o Ladone, il drago custode dei pomi d’oro
del giardino delle Esperidi che Ercole uccise portando a compimento una
delle sue fatiche. Un autore latino, Plinio il Vecchio, dedica alcuni
paragrafi della sua Storia Naturale al drago, alle credenze sulle sue
specificità naturali e sui rimedi che si potevano ottenere dalla sua
carne o da alcune parti del suo corpo, unguenti o preparati capaci di
rendere invincibili gli esseri mortali.
Un altro mito greco ci racconta la storia di alcuni denti di drago
seminati nel terreno che fecero spuntare dei guerrieri piccoli, ma
feroci; e del drago custode del vello d’oro, che Giasone addormentò con
una pozione magica fornitagli da Medea. Ma forse il più celebre fra
questi mostri è Pitone, enorme drago, più vicino a un serpente
grandioso, generato dalla Terra, che attaccò la dea Latona, incinta di
Febo. Questi lo uccise appena nato e sui suoi resti, seppelliti sotto le
fondamenta del tempio di Delfi, istituì i Giochi Pitici.
Ma
il drago è anche una creatura del medioevo e delle sue leggende. Nei
bestiari fantastici e nelle storie leggendarie ne esistono di tipi e di
colori diversi: rosso, nero, bianco sono le sfumature più celebri, ma
spesso le diversità cromatica si riconduce a diverse varietà di metalli o
di pietre preziose di cui si dice siano composte le loro scaglie: e
dunque ecco i draghi dalle scaglie d’oro o d’argento, di rubino o di
ametista. Queste specie differenti si distanziano anche per differenti
poteri e capacità.
Uno
loro specificità comune è quello di essere mostri lucenti, in relazione
con la visibilità e il fuoco, e legati in qualche modo alla ragione e
alla natura umana. Alcuni di essi, infatti, vengono descritti come
creature in grado di parlare o di comunicare con determinati uomini.
Altri draghi, invece, sono capaci di metamorfosi, al punto da
trasformarsi all’occorrenza in giovani valorosi o in affascinanti
fanciulle.
Nell’Occidente medievale il drago
diventa l’antagonista privilegiato del cavaliere valoroso: creatura
mostruosa, e dunque malvagia, spesso demoniaca, custode di tesori o di
vergini rapite, esso incarna il male nelle sue simbologie: il fuco
infero, il veleno, la morte, la mostruosità, la violenza e la
distruzione.
Ben diversa invece la raffigurazione del Drago Cinese, chiamato anche lung.
Esso è uno degli animali magici delle credenze di questo grande popolo,
accanto alla fenice, alla tartaruga e all’unicorno. Simboleggia una
divinità luminosa e celeste, quasi angelica, ma forte e terribile, alla
quale per secoli venne ricondotta la figura dell’Imperatore. Il drago
infatti non era soltanto stemma imperiale, ma anche attributo del trono,
e si diceva che il viso dell’imperatore fosse il viso del Drago. Fu
proprio un drago a emergere dal Fiume Giallo e rivelare a un imperatore
il famoso diagramma a forma circolare, bianco e nero, che costituisce
l’unione dei due principi base, dello Yin e dello Yang. Di quest’ultimo è
simbolo, assieme al cielo, all’uomo, all’azzurro e alle montagne, anche
il drago.
Il carattere celeste di questa
creatura nelle leggende cinesi lo accomuna alle nuvole e alla pioggia;
quest’ultima, veniva indicata dal popolo con un’espressione che in
italiano suonerebbe pressappoco così: “la terra si unisce al drago”.
La rappresentazione fisica del lung
è un po’ difforme da quella del drago occidentale: esso è provvisto di
ali artigli e squame, ma anche di corna e di aculei lungo la schiena, e
infine ha un attributo specifico, nel quale è racchiuso tutto il suo
potere: una perla. Le sue raffigurazioni lo ritraggono infatti nell’atto
di inghiottirla o di sputarla.
Borges riporta una breve aneddoto cinese su questo fascinoso animale fantastico:
“Un
uomo tenace, in capo a tre anni d’improba applicazione, s’impadronì
dell’arte di uccidere draghi; e, in tutto il resto dei suoi giorni, non
trovò una sola occasione di esercitarla.”
Lavinia Scolari
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