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martedì 21 ottobre 2014

L'Araba Fenice e la sua origine




La fenice, anche nota anche come di Araba fenice, è un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Gli antichi egizi furono i primi a parlare del Bennuche in seguito, nelle leggende greche divenne la Fenice


Il Bennu egiziano


In Egitto era solitamente raffigurata con la corona Atef o con l'emblema del disco solare. Contrariamente alle "fenici" di tutte le altre civiltà quella egizia non era raffigurata come simile né ad un rapace, né ad un uccello tropicale dai variopinti colori, ma era inizialmente simile ad un passero (prime dinastie) o ad un airone cenerino, inoltre non risorgeva dalle fiamme (come nel mito greco e nei miti successivi) ma dalle acque.




Nei miti greci (ma non solo) era un uccello sacro favoloso, aveva l'aspetto di un'aquila reale e il piumaggio dal colore splendido, il collo color d'oro, rosse le piume del corpo e azzurra la coda con penne rosee, ali in parte d'oro e in parte di porpora, un lungo becco affusolato, lunghe zampe, due lunghe piume — una rosa ed una azzurra — che le scivolano morbidamente giù dal capo (o erette sulla sommità del capo) e tre lunghe piume che pendono dalla coda piumata — una rosea, una azzurra e una color rosso-fuoco.

Il motto della fenice è Post fata resurgo  "dopo la morte mi rialzo" (o risorgo)".

Pochissimi storici si domandano se sia esistita la fenice, facendo riferimento alle opere dei poeti romani, considerandola nulla di più di un prodotto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole. Alcuni, tuttavia, credono che il mito possa essere basato sull'esistenza di un vero uccello che viveva nella regione allora governata dagli Assiri.

Gli antichi la identificavano col fagiano dorato, tanto che un imperatore romano si vantò di averne catturato uno.


Fagiano dorato

Si dice anche che: 
L'araba fenice è divenuto il simbolo della morte e risurrezione, infatti dicono "come l'araba fenice che risorge dalle proprie ceneri". Dopo aver vissuto per 500 anni, la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.
Qui accatastava le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di uovo — grande quanto era in grado di trasportarlo (cosa che stabiliva per prove ed errori). Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l'incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme.
 Per via della cannella e della mirra che bruciano, la morte di una fenice è spesso accompagnata da un gradevole profumo. Dal cumulo di cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell'arco di tre giorni, dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad Eliopoli e si posava sopra l'albero sacro, per altro si dice anche che dalla gola della Fenice giunse il soffio della vita (il Suono divino, la Musica) che animò il dio.
 Ma nella antica tradizione riportata da Erodoto, la fenice risorge ogni 500 anni, come riportato da Cheremone, filosofo stoico iniziato ai misteri egizi o da Orapollo vissuto sotto Zenone. La fenice è una delle manifestazioni del sole come interpretato da Sbordone che riporta una grafia tarda del nome di Osiride costituita da un occhio e uno scettro.




Approfondimenti riguardo all'argomento su Wikipedia: Fenice - Bennu


domenica 2 giugno 2013

FantaBestiario. La Manticora


La manticora è una creatura mitica, una sorta di chimera dotata di una testa simile a quella umana, corpo di leone e coda di scorpione, in grado di scagliare spine velenose per rendere inerme la preda (confondendo così la sua immagine con la criptozoologia di un porcospino). A volte la manticora può possedere ali di qualche genere. Il nome "manticora" identifica anche un genere di insetto, Insectorum tigrides veloces a detta di Linneo, predatore, appartenente alle Cicindelinae.
Nei bestiari medievali la Manticora era annoverata tra le creature fantastiche che vivevano nella lontana India. La prima descrizione della Manticora ce la fornisce Ctesia di Cnido, un viaggiatore greco vissuto tra il V ed il IV secolo A.C. Della Descrizione di Cnido, nei suoi Indikà, sopravvive un riassunto nella Biblioteca del patriarca Fozio.
La sua descrizione ci dice che questa creatura aveva una livrea color rosso, il corpo di leone e la testa umanoide. Era munita di tre file di denti sia sulla mandibola che su la mascella e aveva la coda simile a quella dello scorpione da cui era in grado di scagliare aculei avvelenati simili a dardi.




 La sua coda assomiglia a quella di uno scorpione di terra, misura più di un cubito ed è munita di un pungiglione. Nella coda, lateralmente, sono disposti, qua e là, altri pungiglioni, oltre a quello che, come nella coda dello scorpione, si trova nella punta. E' con questo pungiglione che la manticora colpisce chi le si avvicina e chiunque venga da essa ferita trova una morte sicura. Se invece qualcuno lotta con la manticora a distanza, essa, sollevando la coda, si mette a saettare i suoi dardi, come da un arco, contro l'avversario che gli sta di fronte, oppure, voltandosi, cerca di colpirlo da dietro tenendo la sua coda in linea retta. La manticora riesce a scagliare i suoi dardi fino a cento piedi di distanza e qualsiasi essere vivente venga da essi colpiot (ad ecezione dell'elefante) trova la morte certa.




Dopo Ctesia di Cnido ne parlano anche 
Jorge Luis Borges che scrive citando Plinio:
« "multaque alia monstri similia" c'è in Etiopia un animale chiamato mantichora, il quale ha tre ordini di denti connessi come quelli di un pettine, faccia e orecchie d'uomo, occhi azzurri, corpo cremisi di leone, e coda terminante in aculeo come di scorpione. Corre con una somma rapidità ed è amantissimo della carne umana; la sua voce è come un concerto di flauto e tromba. »
(Jorge Luis BorgesManuale di zoologia fantastica)
In seguito la descrizione è ripresa con più dettagli da Claudio Eliano




Il nome Manticora potrebbe essere di origine persiana e significhirebbe “mangiatrice di uomini”. La sue capacità, oltre a quella di scagliare letali aculei era quella di compiere grandi balzi che le permettono di superare anche gli ostacoli più difficili. Creatura quasi invulnerabile può essere uccisa solo da un leone. Spesso citata nelle leggende cristiane, rappresenta l’incarnazione del malevolo o dello stesso Diavolo. Geremia, uno dei profeti della Bibbia e smantellatore infaticabile di false credenze, è spesso ritratto proprio con questa creatura al suo fianco.


Oggi il mitico animale prospera nei giochi di ruolo e nei videogiochi, per lo più in forma alata.
Oltre che nel mondo fantasy e nei cataloghi di esseri immaginari, la vera manticora compare ancora nei romanzi di Umberto Eco, ne "Il nome della rosa" e soprattutto in "Baudolino", dove assieme a un gatto e a una chimera sbarra la strada per il favoloso regno del Prete Gianni (dove vivono anche una serie di razze fantastiche quali i blemmi, i panozi ecc.). 
Della Manticora si parla anche nel romanzo "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: La maledizione del Titano". 
Una manticora appare anche nella serie animata My Little Pony - L'amicizia è magica. 

Anche la musica rock non ha mancato di citare la bestia, precisamente nel brano "Tarkus" del trio Emerson, Lake and Palmer mentre sulla copertina dell'album omonimo del 1971 figura un pangolino a carro armato.

Della manticora infine esiste anche una interpretazione positiva, ad esempio nel balletto "L'unicorno, la Gorgone e la Manticora": le tre domeniche di un poeta, di Giancarlo Menotti, oppure in The Manticore of North Cerney, di Dorothy Spider. 
La manticora viene citata anche come simbolo sullo scudo di un cavaliere nel romanzo "Il regno dei lupi" (Cronache del ghiaccio e del fuoco) di George R.R. Martin (pag. 224 ed. Oscar Mondadori - Bestsellers). 
Il titolo di un album della metal band Cradle of Filth "The Manticore and Other Horrors" è ispirato proprio alla figura mitologica della manticora, così come un brano estratto dallo stesso album.


Molti hanno concluso che si tratti della tigre del Caspio, e questo perché le citazioni partono da Ctesia, che viveva in Persia.
Ma, a parte il fatto che Plinio sostiene di citare Ctesia anch'egli e parla di Etiopia, nessun felino ha voce di trombetta o vive nei luoghi aridi e rocciosi amati dalla manticora, e comunque i persiani conoscevano già la tigre, quindi non avrebbe avuto senso parlarne in termini distorti. Neppure può trattarsi di un mito venuto dall'India, perché il tipico mostro indiano mangiatore di uomini ha il corpo umano e solo la testa di tigre, cioè l'esatto contrario della manticora (il che può forse aver generato una sovrimpressione dei miti).
Un'altra possibile spiegazione della stranezza della manticora sarebbe da ricercare nel repertorio iconografico dell'arte persiana e babilonese. Dal momento che Ctesia di Cnido era stato prigioniero nella corte degli Achemenidi, è possibile ipotizzare che abbia deciso di creare una versione letteraria di un motivo assai diffuso nell'arte orientale. Ctesia in altre parole avrebbe descritto il Lamassu, demone benevolo con il corpo di toro (e talvolta, appunto, di leone) e con il volto di un uomo persiano barbuto, attribuendo ad esso non poteri magici o divini, ma tratti felini e cannibaleschi.
Fonte Wikipedia

giovedì 24 maggio 2012

FantaBestiario. Le creature dell'immaginario fantastico: La banshee

La banshee è una creatura leggendaria dei miti irlandesi e scozzesi. La banshee è uno spirito femminile, descritto generalmente come una bella donna dai capelli fluttuanti, con indosso un vestito verde ed una mantella grigia (o, alternativamente, vestita completamente di bianco o rosso). 
Può apparire sia come una donna che canta, sia piangente e avvolta da un velo. Altra caratteristica sono gli occhi perennemente arrossati dal pianto. Il termine banshee significa "donna delle fate", dal gaelico bean, "donna", e sidhe, che deriva a sua volta da sith ("fata") o sid ("montagna delle fate"). 


La banshee ha un corrispondente maschile nel meno comune farshee (in irlandese Fear Sidhe).




Fa parte del piccolo popolo ed è uno spirito che spesso viene classificato tra quelli maligni, anche se in realtà nelle antiche leggende viene descritto semplicemente come uno spirito femminile che si aggira attorno a paludi e fiumi, nelle sorgenti o nelle colline d'Irlanda. Le banshee sono legate ad alcune famiglie, specialmente quelle il cui cognome inizia per "Mac" oppure "O". L'emigrazione di irlandesi in America ha portato anche là alcune leggende sulle banshee, ma sono poche e perlopiù ambientate nel sud durante la Guerra d'Indipendenza Americana.Le banshee non si mostrano mai agli esseri umani, con l'eccezione di coloro che sono prossimi alla morte e a cui giunge tale presagio. È probabilmente questa la ragione per cui dopo l'VIII secolo vengono classificate tra gli esseri malvagi.




La banshee più famosa si chiamava Aibhill ed era legata agli O'Brien. Stando alla leggenda, nel 1014 il re Brian Boru si gettò nella battaglia di Clontarf pur sapendo di andare incontro a morte certa, dal momento che la notte precedente Aibhill gli era apparsa mentre lavava i panni dei soldati finché l'acqua non si tingeva completamente del colore vermiglio del sangue.Quando un membro della famiglia protetta muore, o è in procinto di morte, la banshee piange e si dispera. Tali lamenti sono noti col termine di keening (dal gaelico caoineadh, "lamento"). Le grida possono anche essere di vittoria, quando quella che ha subito la perdita è una famiglia nemica.


Nella tradizione fantasy moderna, dove gli elementi caratteristici delle mitologie antiche e delle tradizioni folkloristiche a volte subiscono delle mutazioni ad opera del passaggio del tempo e delle contaminazioni fra opere letterarie (o di qualsiasi altro tipo) diverse, la banshee viene spesso rappresentata come uno spirito urlante, non necessariamente malvagio, il cui grido ha la capacità di uccidere all'istante, o altri effetti simili. Talvolta è associata alla razza degli elfi o similari.La banshee e il suo urlo sono stati ripresi in moltissime opere moderne, spaziando dalla letteratura fantasy, ai fumetti, ai videogiochi. Nella serie TV statunitense Streghe, nell'episodio Ascolta il tuo cuore, la banshee viene rappresentata come un demone che uccide con il suo grido chiunque provi un forte dolore, o che trasforma a sua volta in banshee se la vittima è una strega. Nell'ambientazione del fumetto italiano W.I.T.C.H., invece, le banshee sono un popolo di demoni che vive nel mondo di Arkanta, e se catturate con un lembo di seta potranno concedere tre desideri in cambio della libertà. Altri riferimenti possono essere trovati anche nei romanzi della serie Harry Potter, nella serie televisiva Angel, nel cartone animato Casper e in uno dei fumetti Dylan Dog, il numero 79, La Fata Del Male. È presente anche nel film Darby O'Gill e il re dei folletti, nonché in varie edizioni del gioco di ruolo Dungeons & Dragons e nelle ambientazioni della serie di Warcraft.



Molto numerose anche le apparizioni di questo personaggio nei videogiochi, fra cui si ricordano Fable, Fable 2, Heroes of Might and Magic V: Tribes of the east,Final Fantasy 12, Dark Age of Camelot, A Vampyre Story ed altri. Anche se l'aspetto può variare anche considerevolmente, la caratteristica principale è sempre l'urlo agghiacciante, i cui effetti possono variare dalla morte istantanea a, ad esempio, scatenare onde d'urto.

L'ultima apparizione delle banshee avviene nel Film "Avatar" ma in questo caso le banshee sono del tutto un'altra creatura - molto più belle e  misteriose dei draghi volanti che vivono sul pianeta Pandora.



Di aspetto intermedio fra un pipistrello e una manta, la Banshee è uno dei più diffusi predatori alati di Pandora. Ne esistono due specie, la Banshee di montagna (in na'vi Ikran, che significa "messaggera di morte", nome scientifico: Pterodactylus giganteus) e la Banshee di foresta (in na'vi Ikranay), strettamente imparentate ma con alcune diversità. Come altri volatili sul satellite le Banshee sono dotate di quattro ali: le due anteriori sono più grandi e molto forti grazie ai muscoli del petto, particolarmente sviluppati e attaccati allo sterno, inoltre la loro parte terminale è composta di segmenti disposti a ventaglio che possono unirsi o separarsi, consentendo un'eccellente manovrabilità durante le acrobazie aeree; le due posteriori, più piccole, sono usate durante il volo planato come stabilizzatori orizzontali per il controllo dell'altitudine o come ali addizionali quando la Banshee ha bisogno di più potenza e/o velocità, ad esempio per il decollo o per sfuggire a un predatore; le due coppie di ali possono agire all'unisono o separatamente, garantendo un maggior controllo dell'inclinazione e delle virate. La loro sagoma è inoltre estremamente aerodinamica e perfezionata per il volo: fra le ali principali c'è una protuberanza usata come stabilizzatore per la sua massa e come punto di ancoraggio per i muscoli delle ali; al termine di entrambe le ali principali ci sono tre artigli che permettono un controllo più fine e accurato del volo. Per superare l'ostacolo della densa atmosfera di Pandora le Banshee sono dotate di ossa in fibra di carbonio e di un metabolismo estremamente efficiente che permette ai muscoli, già anatomicamente specializzati per il volo, di generare il doppio della forza al chilo di un volatile terrestre. Ciò tuttavia genera un immenso calore, smaltito dalle Banshee con uno straordinario sistema respiratorio e di raffreddamento a senso unico in cui l'aria, che entra nei polmoni simili a soffietti tramite degli opercoli cartilaginei posti sul petto, esce attraverso delle fessure nella parte posteriore del corpo: in tal modo la Banshee è in grado di respirare senza problemi anche alle più alte velocità (che possono arrivare in prossimità dei 140 nodi), e la stessa aria che respira mantiene il suo corpo a temperature accettabili. Anche le ossa hanno una parte in tale sistema: alcune, in particolare quelle delle ali, sono cave e connesse direttamente ai polmoni, contribuendo dunque al raffreddamento complessivo del corpo della Banshee. A terra le Banshee sono molto meno agili a causa delle loro zampe, quasi vestigiali, e si muovono soprattutto appoggiandosi agli artigli a metà delle ali principali.





Fra le due specie le Banshee di montagna sono le più grandi: 




la loro apertura alare media è di 13,9m. Sono le uniche abbastanza forti da essere cavalcate da un Na'vi, e si legano ad un sol cavaliere per tutta la loro vita. Solitamente nidificano in luoghi inaccessibili ad alta quota, come i Monti Alleluia, ma gli esemplari legati ad un Na'vi  stanno nella parte alta dell'Alberocasa del suo clan.

Nonostante la loro apertura alare di sette metri le classifichi come più piccole delle loro cugine, le Banshee delle Foreste sono avversari molto pericolosi. Solitamente cacciano in solitaria e si concentrano su prede di taglia minore della loro, ma possono attaccare prede di grossa taglia se ferite o in caso di autodifesa. Il loro habitat è il sottobosco delle foreste pluviali, anche se ci sono numerose colonie di Banshee della foresta sulle rupi e sugli altopiani, e gli schemi di colori sulle ali e sul dorso assumono numerose tonalità di verdi, gialli e blu per mimetizzarsi con esso. Per via della loro struttura mandibolare simile a quella dei pesci, si pensa che tutti gli animali volanti di pandora (Banshee incluse) si siano evoluti dalle creature marine.

lunedì 12 dicembre 2011

FantaBestiario. Le creature dell'immaginario fantastico: Il Centauro

Il Centauro è una figura della mitologia greca, metà uomo e metà cavallo.
In leggende minori (probabilmente confusi con i Satiri) sono stati trasformati in creature metà uomini e metà caproni.


Il centauro è uno degli esseri mitologici "ibridi" o "biformi" come li chiama Ovidio nelle sue "Metamorfosi", ovvero una creatura che unisce due nature diverse in un unico corpo, che le mescola ed incarna.
Nel suo caso le due nature sono quella dell'uomo e quella del cavallo: natura e forma umana, dalla cintola in sù, natura e forma equina dalla cintola in giù.


Eppure l’immagine primitiva e arcaica di questo personaggio mitico, rappresentato in alcune raffigurazioni rupestri, è quella di un uomo nudo, “cui scomodamente si adatta la groppa di un cavallo” (Borges-Guerreri,
Manuale di Zoologia Fantastica, s.v.)
Tale specie mitica, infatti, inizia ad avere zampe equine nel frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia, e da lì comincia la parabola della loro raffigurazione plastica e artistica. 
Il nome “centauro” deriva dal greco antico e significherebbe propriamente “uccisore dei tori o buoi”: ciononostante, alcuni studi sostengono che il termine “centauro” derivi da “gandharva” che, nella mitologia vedica, è il nome con cui vengono chiamate delle divinità minori che guidano i cavalli del sole, generalmente considerati come spiriti della natura o “geni”, 
anch’essi suscettibili di avere fattezze di cavallo.


Nella mitologia il centauro è quasi sempre dipinto con carattere irascibile, violento, selvaggio, rozzo e brutale, incapace di reggere il vino.
Solitamente raffigurati armati, di clava o di arco. emettevano urla spaventose.
La figura del centauro ha origine dall'amore sacrilego fra il re dei Lapiti, Issione e una sosia della dea Era, Nefele, dalla cui unione nacque, appunto, Centauro, capostipite di tutti i centauri.
Issione, re di Tessaglia, e Nefele generarono il primo centauro. Nefele, (il cui nome in greco significa “Nuvola”) era per l’appunto una nube cui Zeus aveva dato la forma di Era per mettere alla prova Issione, che desiderava possederla. Issione, alla vista della dea che tanto bramava, si unì a Nefele e nacque Centauro che diede il nome alla stirpe. Questi si accoppiò alle giumente del monte Pelio, sempre in Tessaglia, e da tale unione nacquero gli altri Centauri del mito. Secondo altre versioni, invece, i 
Centauri erano figli di Apollo. Si trattava di abitatori dei boschi.

L'equino, nel II millennio a.C., non era ancora conosciuto in Grecia. Perciò è possibile supporre che questo animale, la cui importanza era davvero notevole per un popolo di nomadi migratori, fosse oggetto di culto. È anche probabile che in alcune regioni lontane, quali la Tracia o la Tessaglia, vivessero delle tribù semiprimitive che si dedicavano all'ammaestramento degli animali selvatici. Per questo si sarebbe potuta creare l'immagine di un essere mitico che univa il cavaliere alla sua cavalcatura.














Certi centauri acquisiranno anche leggende proprie, come ChironeEuritioneNesso e Folo, diventando in seguito, in epoca moderna e contemporaneapersonaggi tipici della letteratura fantasy
La loro particolarità è che possedevano tutti i pregi e tutti i difetti del genere umano, portati però a livelli elevatissimi, tanto che nella mitologia sono stati riservati loro ruoli completamente contrastanti: dall'estrema saggezza all'incredibile crudeltà. E tale idea perdurò nel tempo. Durante il Medioevo, l'immagine del centauro si addiceva agli eretici ed alla loro interna dissociazione che li faceva considerare metà cristiani e metà pagani. È rappresentato spesso con i capelli in fiamme, per lo più armato, soprattutto di freccia e arco. Talvolta l'obiettivo è una colomba, tal altra un cervo, entrambe figurazioni simboliche dell'anima, facili prede spesso raffigurate mentre vengono trascinate via dopo la cattura.
La loro particolarità è che possedevano tutti i pregi e tutti i difetti del genere umano, portati però a livelli elevatissimi,

Ma il vero specchio del pensiero medioevale in merito è rappresentato da Dante, che nella Divina Commedia colloca i centauri nell'inferno (Inf. XII) come custodi-giustizieri dei violenti contro il prossimo, in rapporto diretto con il loro carattere violento avuto in vita.

La figura del Centauro viene rivisitata anche da Machiavelli, il quale la usa per descrivere il suo modello di governante perfetto, umano, sì, ma anche ferino (in particolare simile a un incrocio tra un leone e una volpe), in quanto l'esercizio del governo implica l'uso di forza e astuzia.
















In araldica, il centauro è una figura immaginaria che corrisponde alla sua raffigurazione mitologica: essere metà uomo e metà cavallo. Normalmente è armato di una clava. La sua variante principale è il centauro sagittario, che tira con l'arco. Talora è rappresentato con due sole zampe da cavallo.
L'immaginario araldico gli ha regalato, se non una compagna, almeno una corrispondente figura femminile, la centauressa (o centaurella).
Nell'araldica italiana è rappresentato col capo rivolto all'indietro, l'arco in mano e nell'atto di scagliare frecce. Nell'araldica dell'Europa Orientale compare di frequente con la coda che termina a testa di serpente, verso cui pare diretta la freccia.
Il centauro non ha un significato simbolico generalmente riconosciuto; alcune leggende lo definiscono malvagio e nefasto, capace di ogni scelleratezza (come nella leggenda delle nozze di Piritoo e Ippodamia), altre lo dipingono virtuoso e sapiente (quali furono Pholos, amico di Ercole, e Chirone, amico di Apollo e dei Dioscuri).













Anche nel cinema la figura del centauro è stata ampiamente utilizzata per film fantasy, in maniera particolare. L'ultimo in ordine di tempo il Film "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini" (Percy Jackson & the Olympians: The Lightning Thief) film del 2010 diretto da Chris Columbus.
Dove l'attore Pierce Brosnan ha interpretato il centauro "Chirone"








Pierce Brosnan nei panni di Chirone