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venerdì 16 dicembre 2011

La Terra dei Draghi - L'antica stirpe

Questo di seguito è il secondo stralcio del libro 

ed è un pezzo tratto della battaglia di Amhonùn... 

Nicola Cantalupi
“La Terra dei Draghi – L’antica stirpe”



L’esercito delle nere creature si schierò in tutta la sua vastità,

mostrando agli occhi della città la sua immane grandezza senza
mai dare tregua ai suoi tamburi.
Fu in quel momento che Amrong avanzò di qualche passo,
spingendosi sino al ciglio delle mura; lì si girò verso il suo esercito
e urlando sì forte da riuscire a contrastare il suono nemico, si
rivolse a tutti gli uomini di Amhonùn: “Amici… fratelli… figli
di Nùn! Questa è la nostra città, questa è la nostra terra e nessuno
riuscirà mai a portarcela via. L’antica stirpe in passato ha
sempre difeso con onore e coraggio queste mura, e mai si è vista
sconfiggere; il valore di quel popolo ha prevalso contro ogni
esercito… E cosi sarà anche stanotte… perché noi siamo quel
glorioso popolo! Noi siamo l’immortale stirpe di Nùn e nessun
esercito riuscirà mai a conquistare queste mura… Amhonùn è,
e sempre sarà, inconquistabile!”
Amrong fece suonare il proprio corno contro il nero esercito
e in breve tempo, ogni altro Rhadarem Aron-hen si unì con veemenza
a quel canto, surclassando e ammutolendo senza pietà
i tamburi nel Nhèt-Nimaron; quel mistico suono di libertà si
innalzò da Amhonùn, divampando impavido ben oltre le vette
dell’Eniel-Andarùth, oltrepassando i confini del Nhèt-Nimaron
sino a raggiungere ciò che ancora rimaneva dell’antica Elleniandor,
echeggiando con vigore sulle candide spiagge a sud della
città e spingendosi sino alle acque del golfo d’Ellenien.
Ogni orchetto, goblin e troll fu sommerso e annichilito da
quell’antico maestoso suono e solo dopo vari attimi dal cessare
dell’ultimo corno, i loro miseri tamburi tornarono timidamente
a scandire la marcia oscura.
L’esercito nemico fece infine la sua prima mossa; dai loro
immobili ranghi, decine e decine di rozze catapulte, trascinate
a fatica dai possenti troll, iniziarono ad avanzare verso la città.
Continuarono la loro lenta marcia, disponendosi su tre ampie
righe, fermandosi inaspettatamente diversi metri prima della
zona in cui era stata realizzata la trappola di Amrong.
Non appena i troll armarono quegli spaventosi marchingegni,
Tuberon guardò preoccupato l’amico che, nonostante tut286
to, continuava a rimanere immobile e impassibile, osservando
quella scena con implacabile freddezza.
Nel medesimo istante, tutte le catapulte furono attivate;
l’esercito di Amhonùn, pietrificato nell’osservare quelle immense
rocce scagliate in cielo con estrema facilità, non poté
far altro che guardare impotente quegli implacabili proiettili
viaggiare verso di loro a gran velocità.
La freddezza e l’esperienza di Amrong ebbero comunque
ragione: infatti, la maggior parte di quei giganteschi proiettili
non riuscì neppure a sfiorare la diga-fossato; solo due o forse tre
massi erano riusciti ad arrivare sino alle mura, colpendole tuttavia
solo alla base e senza neppure scalfirle. L’attimo di terrore
durato per tutto il lungo arco del volo di quelle rocce era terminato;
adesso Amhonùn vedeva avanzare nuovamente i troll e le
loro catapulte e stavolta ogni spostamento avveniva secondo i
piani dell’antico elfo.
La prima riga di catapulte, infatti, si spinse sino all’altezza
della lancia conficcata da Amrong nel terreno, spargendo così
su tutto il campo l’abbondante olio dei solchi precedenti; adesso
l’intera zona di lancio del nemico si trovava nel centro esatto
della trappola degli elfi.
A quel punto Amrong afferrò il suo arco e impugnò uno
speciale dardo. Mentre i troll già ricaricavano le loro armi, l’elfo
immerse la punta della freccia tra le fiamme del faro accanto
a lui, dopodiché, tendendo l’arco fino a sentirlo scricchiolare,
mirò quell’unica lontana lancia. Rimase perfettamente immobile
e totalmente concentrato su quel tiro per vari istanti, poi,
non appena le fiamme della freccia raggiunsero il legno dell’arco,
Amrong lasciò partire il colpo.
Simile a una scintillante saetta dalla fiammeggiante scia,
quell’unico e minuscolo proiettile sfrecciò sopra il Nhèt-Nimaron
fischiando e portando con sé la silenziosa speranza di
ogni elfo. In un unico breve attimo, la freccia si conficcò nei
pressi della lancia e un’immensa fiammata avvolse senza pie287
tà ogni catapulta nemica incendiandola. Immediatamente, da
quella distesa d’alte fiamme scaturirono orribili ruggiti di troll e
prontamente Amrong, con perentoria voce, gridò: “Amhonùn,
mirare!”
La trappola preparata dall’antico elfo non aveva ancora terminato
il suo compito; l’ampio raggio d’azione che Amrong
aveva accennato a Tuberon in precedenza, era stato studiato e
predisposto per far sì che la più rapida via di fuga da quell’inferno,
sarebbe stata solo ed esclusivamente in direzione della città
e in breve tempo, infatti, ogni orrenda creatura sopravvissuta
alla trappola si diresse in direzione delle mura, sotto forma di
bersaglio infuocato.
“Tirate!” gridò Amrong, ruggendo con rabbia contro quelle
creature. Ogni arco elfico scoccò la propria freccia e in breve
tempo, ogni superstite dell’inferno di fiamme cadde sotto la
silente e fulminea pioggia di Amhonùn. Dalla loro lontana postazione,
le innumerevoli legioni di orchi osservarono inorridite
l’inatteso evolversi del loro primo attacco; sopra la Grande Muraglia
invece, migliaia di voci esultarono entusiaste.
Lo scontro tuttavia non era che al suo inizio; immediatamente
l’intero esercito oscuro tornò a muovere verso la città,
spargendosi per tutto il Nhèt-Nimaron come una sconfinata
chiazza d’olio e facendo avanzare al suo interno lentamente, ma
inesorabilmente, le imponenti torri d’assedio.
Non appena la prima torre giunse a portata di tiro per eventuali
frecce infuocate però, Amrong decise di non far scoccare
alcun dardo; la larga trincea della diga-fossato, infatti, non
avrebbe concesso ad alcuna di quelle costruzioni di avvicinarsi
abbastanza alle mura della città da rappresentare una reale
minaccia, e così Amrong, considerando questo loro vantaggio,
ordinò a tutti gli arcieri di rimanere immobili, pronti a scoccare
le loro prime frecce contro la fanteria nemica.
L’ordine di Amrong fu sì solenne da raggiungere ogni arciere
e, prontamente, un’ondata di frecce vasta quanto le mura stesse
si abbatté senza pietà contro le prime file di quell’esercito.
L’improvvisa sfilza di cadaveri e feriti formatasi nel bel mezzo
del Nhèt-Nimaron fece inevitabilmente rallentare, e addirittura
inciampare, gran parte degli orchi che sopraggiungevano e così,
senza concedere alcuna tregua, una seconda ondata di punte
elfiche si scaraventò violenta sui nemici caduti in fallo.
La letale tempesta di dardi continuò a riversarsi sulle teste
delle creature oscure per molto tempo, infliggendo un altro
duro colpo all’esercito nemico, tuttavia questo non poté far altro
che rallentare per un po’ i loro tentativi di incursione, infatti
la forsennata corsa degli orchi verso le mura raggiunse presto
dimensioni spropositate, tanto che il numero di frecce scagliato
a ogni ondata divenne quasi insignificante rispetto al numero
di soldati nemici che sopravanzavano.
Sparuti plotoni di orchetti furono così in grado di raggiungere
la diga-fossato e di calarvisi dentro, riuscendo persino a
issare le prime scale dal fondo della trincea; molti arcieri furono
quindi costretti ad abbandonare i loro bersagli nel Nhèt-Nimaron,
per concentrare le loro forze presso quelle scale e rendere
quella risalita un’azione suicida. Anche se fin dal primo istante
in cui molti arcieri cambiarono i loro bersagli, infinite altre scale
furono issate dal fondo della diga-fossato, quelle lente e lunghe
scalate che avrebbero dovuto compiere gli orchi per raggiungere
la vetta delle mura non sarebbero mai potute sfociare in alcun
tipo di minaccia per i soldati di Amhonùn.
Amrong e Tuberon osservarono a lungo la propria schiera di
guerrieri contrastare e sovrastare gli invasori senza troppa fatica,
e in entrambi nacque la convinzione di aver sopravvalutato la
forza degli orchi. L’elfo del Fellenrhid rivolse allora il suo sguardo
verso il nero campo appena oltre le mura, certo di riuscire
a scorgere sconforto tra le legioni nemiche e magari persino
una precoce ritirata. Non appena mirò in quella direzione però,
la vista di quelle ormai vicinissime e strane torri d’assedio, as289
semblate come mai aveva visto prima, gli fece immediatamente
comprendere di essere quanto mai distante dalla verità.
Quelle imponenti armi di conquista, pur mostrandosi rudimentali
e piuttosto primitive, raggiungevano dimensioni mai
osservate in precedenza dall’antico elfo, tuttavia l’impareggiabile
dimensione di quelle mostruosità era in realtà l’ultima preoccupazione
di Amrong: alcuni accorgimenti che vedeva apportati
per la prima volta su armi del genere lo spaventarono più di
ogni altra cosa.
Enormi e spesse tavole di ferro e legno, dotate di numerosi
e lunghissimi tronchi appuntiti paralleli al terreno, ricoprivano
interamente ogni facciata anteriore di quelle torri; queste grosse
tavole trattenute in verticale grazie a una serie di carrucole
e catene poste su entrambi i lati, e mantenute in tensione da
quattro poderosi troll, non potevano certo trattarsi di semplici
scudi aggiuntivi.
Amrong comprese immediatamente di aver sottovalutato la
presenza delle torri d’assedio e di essere ormai in netto ritardo
per tentare di contrastarle tutte. Tuttavia, senza perdersi d’animo,
ordinò a ogni arciere di scoccare frecce infuocate ai lati
delle torri, nel tentativo di abbatterne il più possibile. Questa
contromossa però, non poté che condurre interi plotoni di goblin
e orchetti nei pressi delle numerose e incustodite scale e in
breve tempo, da ogni dove, nere creature raggiunsero la vetta
delle mura, ingaggiando ravvicinati scontri contro le bianche
lame elfiche.
Tutti quegli scontri non furono certo in grado di impensierire
le forze di Amhonùn, ma l’incessante arrivo degli orchi sulla
vetta impegnò notevolmente gli arcieri sulle mura, negando
loro l’opportunità di riversare contro quei castelli mobili tutta
la potenza di fuoco di cui disponevano.
Molto presto, la prima torre d’assedio raggiunse il ciglio
della diga-fossato e lì mostrò ad Amrong tutta la sua effettiva
potenza. In quel preciso istante, i quattro troll mollarono con290
temporaneamente le catene tenute in tensione e quella sorta di
scudo slittò bruscamente verso il basso, conficcando saldamente
la sua base nel terreno. Subito dopo, l’enorme tavola iniziò a
precipitare in avanti, catapultando il suo apice verso il margine
opposto del fossato, là dove sorgevano le mura. I massicci tronchi
appuntiti di quella superficie si dirigevano a gran velocità
verso il terreno e infine un potente boato atterrì ogni soldato
elfico.
Un improvviso ponte, sorretto da una miriade di piloni conficcati
a forza nel terreno della diga-fossato, comparve di fronte
agli increduli occhi di Amhonùn; la distanza di sicurezza fornita
agli elfi dalla larga trincea non esisteva più, e mentre quella
prima torre iniziava ad avanzare verso la città, altre già calavano
il loro scudo sulla diga e altre ancora stavano per raggiungere
quel margine. La battaglia, improvvisamente, parve inequivocabilmente
volgere in favore degli orchi.

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